Per cacciare in Italia non basta usare un’arma, ed il relativo titolo per possederla, ma è necessario conseguire una licenza e rispettare molte norme.

Infatti, la caccia in Italia è fortemente regolamentata, principalmente dalla legge 157/92 che stabilisce che “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale“.

Non è tutto, la legge stabilisce anche i periodi di caccia, le specie cacciabili, le armi utilizzabili e tutte le distanze che i cacciatori devono rispettare: da zone abitate, strade, ferrovie, mezzi agricoli e di lavoro.

Oltre a tutto questo è a nostro avviso indispensabile acquisire quella che viene definita cultura venatoria, ovvero l’insieme di quelle buone pratiche scritte e non, fondamentali per praticare quest’arte rispettando la natura e le altre persone. Di questo, e dell’emozione nel praticare questa passione, hanno scritto intellettuali e personalità come Ernest Hemingway, Theodore Roosevelt e i nostri Indro Montanelli e Mario Rigoni Stern.

Quante forme di caccia esistono?

Le forme di caccia sono molte perché gli animali cacciabili sono molto diversi tra loro. I cinghiali ad esempio, vengono cacciati con le forme della girata o braccata, oppure in caccia di selezione. Altri ungulati, come il cervo o il capriolo, possono essere cacciati solo con la caccia di selezione per avere un controllo diretto sulla popolazione di questi animali.

Gli uccelli invece sono cacciati da appostamento oppure in modo vagante, principalmente con l’ausilio dei cani da ferma e da cerca.

Le differenze quindi sono sostanziali. Nella caccia da appostamento solitamente viene predisposto con maestria un “gioco”, ovvero un sistema di composto solitamente da stampi di uccelli e richiami, necessario ad attirare gli uccelli che si vogliono cacciare.

La caccia vagante con l’ausilio del cane da ferma o da cerca vede come protagonista proprio il cane da caccia. Addestrato per cercare e riportare gli animali dopo l’abbattimento fin da tempi immemori, questa è una delle forme di caccia più appassionanti e praticate in tutto il mondo.

Cani da caccia: quali razze sono?

Quali razze sono i cani da caccia?

Le razze di cani impiegate a caccia sono moltissime, collegate soprattutto alla forma di caccia che viene praticata.

Secondo l’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana), i cani da caccia sono suddivisi in diversi gruppi, basati sulle loro attitudini venatorie:

  • cani da ferma: specializzati nel fermare gli uccelli, principalmente galliformi, con una posizione immobile fino all’arrivo del cacciatore. Tra questi ci sono il Setter Inglese, il Pointer e i Bracchi.
  • cani da seguita: seguono la traccia della preda, soprattutto cinghiali, usando l’olfatto. Rientrano in questa categoria il Segugio Italiano e il Petit bleu de gascogne.
  • terrier: usati in diverse forme di caccia, soprattutto per la loro agilità, coraggio e abilità di scovare animali che vivono in tane o spazi stretti.
  • cani da cerca e cani da riporto: sono utilizzati per cercare la selvaggina nascosta o per riportarla una volta abbattuta. Come lo Springer Spaniel e il Labrador Retriever.
  • cani da tana: specializzati nell’inseguire e stanare la preda nelle tane. L’esponente più famoso di questa categoria è il Bassotto.
  • levrieri: cani da caccia a vista, utilizzati per inseguire e catturare prede a grande velocità. Come il Greyhound e lo Whippet.

Oltre a queste principali categorie, l’ENCI include anche altre categorie di cani non esclusivamente da caccia, come i cani da pastore e i cani da guardia, che possono occasionalmente partecipare a operazioni venatorie, ma non sono considerati specialisti.

Quali sono le aree di caccia in Italia

Per definire dove si può cacciare in Italia, ma soprattutto dove non si può, è necessario consultare le leggi 157/92 e 394/91, la Direttiva Uccelli 2009/147/CE, la Direttiva Habitat (Direttiva 92/43/CEE) e diverse Leggi Regionali.

La caccia è consentita negli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), gestiti su base provinciale, destinati alla caccia programmata. Ogni cacciatore ha il diritto di iscriversi a uno o più ATC nella propria provincia di residenza e, se possibile, anche fuori dalla sua provincia o regione. Lo stesso vale per i Comprensori Alpini (CA), presenti nelle regioni alpine, come ad esempio la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige.

Esistono anche aree private concesse a enti o singoli privati dove l’attività venatoria è consentita, sono le aziende faunistico-venatorie o agri-turistico-venatorie. All’interno di esse viene gestita la fauna selvatica, compresi gli interventi di ripopolamento, gestione degli abbattimenti e miglioramento ambientale.

Queste ultime, così come le aree di divieto di caccia, le Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC), i Parchi Nazionali e molte altre aree, sono delimitate da apposite “tabelle” che indicano la denominazione e le caratteristiche dell’area.

Aree di caccia in Italia

Che leggi regolamentano la caccia?

Le normative di riferimento da considerare per comprendere bene come sia regolamentata la caccia in Italia sono molte, ecco le più importanti.

La legge n°157/1992. Cioè la norma per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Così viene regolamentata la tutela della fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato e stabilisce i limiti più importanti.

La legge n°394/1991. Ovvero la legge quadro sulle aree protette che stabilisce il divieto di caccia nelle aree protette come i parchi nazionali e le riserve naturali.

La Direttiva Uccelli 2009/147/CE. Parte della normativa europea è stata recepita in Italia, quest’ultima tutela gli uccelli selvatici vietando la caccia di alcune specie e definendo linee guida per il prelievo sostenibile.

La Direttiva Habitat 92/43/CEE. Che protegge gli habitat naturali, influenzando quindi anche l’attività venatoria in zone sensibili.

Legge n°221/2015. Collegato ambientale alla Legge di Stabilità che rafforza la protezione degli animali selvatici e introduce sanzioni più severe per il bracconaggio e la caccia illegale.

L’art. 842 Codice Civile che stabilisce le modalità di accesso che i cacciatori devono rispettare per accedere ai fondi privati.

L’impegno dei cacciatori per tutelare la biodiversità

I cacciatori sono spesso visti come sfruttatori della natura, nemici della biodiversità e degli animali ma non è così. Basti pensare che lo stesso WWF vede tra i suoi fondatori ben 3 cacciatori: il Principe Filippo Duca di Edimburgo, Peter Scott e Godfrey A. Rockefeller.

Questo perché la maggior parte dei cacciatori non vedono la caccia come un semplice passatempo, ma piuttosto come un modo per entrare in connessione con la natura. La conservazione della fauna selvatica è quindi una priorità assoluta per assicurare che le specie possano prosperare. Per questo la regolamentazione razionale della caccia, per evitare l’estinzione delle specie e promuovere un rapporto più sostenibile tra l’uomo e l’ambiente, è ben vista dai cacciatori.

Tutto ciò è dimostrato dal tempo che i cacciatori impiegano nelle attività di volontariato per tutelare la natura e la biodiversità. Infatti, sono state più di 100 iniziative per un totale di 1300 ore donate alla comunità che l’operazione Paladini del Territorio ha raccolto nei primi mesi del 2024.

Questo accade in molte aree del mondo. Così come confermano i dati raccolti in Francia dalla Fédération Nationale des Chasseurs (FNC), che stimano in circa 10 milioni di ore di volontariato l’impegno che ogni anno i cacciatori francesi dedicano alla cura dell’ambiente.

Quante altre categorie possono compiacersi di garantire lo stesso impegno? Non molte probabilmente.

cta - Paladini del territorio

Condividi

La natura non può essere lasciata sola. Fai la tua parte.

Supporta attivamente i nostri progetti facendo una donazione o diventando sostenitore. Puoi anche devolvere a Fondazione UNA il tuo 5×1000.

Blog